Stefano Fabrizi, Corriere Adriatico, 16 Luglio, 1984
E' uscito "Io me ne vojo andà pel mondo sperso"
IL NUOVO ALBUM DE "LA MACINA": SQUARCI DI UN MONDO PERDUTO
[...] La Macina in questi anni di attività, si è imposta all'attenzione di un sempre più vasto pubblico, raccogliendo consensi e convalidando la crescente ripresa della cultura tradizionale. Fucina di numerose iniziative atte alla salvaguardia di quel patrimonio orale che altrimenti andrebbe perso, il gruppo di Monsano, ha in questi anni operato un attento e capillare studio in tutta la zona dell'anconetano. Si deve, soprattutto, alla paziente ricerca di Gastone Pietrucci il vasto materiale che si è potuto conservare, andando casa per casa, ad impararlo dalla viva voce dei nostri vecchi, insieme alle tante storie che riempono i racconti "da focolare invernale". Con l'uscita dell'LP, "Io me ne vojo andà pel mondo sperso..." [...] il gruppo di canto popolare La Macina propone una raccolta di stornelli e ballate strettamente riproposte con rigore di estrema originalità, sia negli strumenti che nel canto, impostato su tonalità nasali, rispettando i testi appresi dalla viva voce dei loro informatori, primo fra tutti lo scomparso Pietro Bolletta. Nei brani, che si ascoltano molto piacevolmente, l'intero mondo contadino riaffiora con le sue malinconie, ironie, sorrisi maliziosi e vitalità che ne hanno fatto un popolo all'interno di un popolo, subalterno, ma principe di scaltrizia. Comandamenti, tra il religiso ed il profano e vita quotidiana, avviamente espressi con il canto a supporto di un'sistenza spesso avara di buone novelle, ma sempre degna di essere vissuta, magari in maniera "godereccia". Ed è così che nell'album scorrono felici le espressioni di questa civiltà contadina, ormai lontana ma sempre presente in certi rituali non ancora diemnticati. [...]
“[…] E se le parole volano con il vento, ben hanno fatto il gruppo della Macina ad imbrigliarle, per consegnarcele ad una perenne memoria scevra di inutili personalismi, degna di essere rivalutata come fattore di cultura caratterizzante un popolo. I solchi di vinile, dunque, trattengono quel seme di civiltà contadina, che la società del computer vorrebbe estirpare, relegare ad una funzione preminentemente folcloristica; ma, ben si capisce, dall’ascolto dei dieci brani, che la sola funzione folcloristica va quanto mai stretta alla Macina, ormai depositaria dei “segreti” della “voce della terra". […] Io me ne vojo andà pel mondo sperso, rappresenta non solo un documento scritto ed orale, all’interno del 33 giri vi è un libro con testi e note, ma, anche un piacevole incontro con la musica, quella musica semplice e, al tempo liberatoria, che racchiude le essenze di un sempre presente passato”.
Stefano Fabrizi, Corriere Adriatico, Lunedì 16 Luglio, 1984