Francesco SCARABICCHI , Ancona, 2 Maggio, 2006
"Se dovessi trovare un solo grano incandescente di bellezza in quest'opera di Gastone Pietrucci e de La Macina, ("Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto" Volume II) con tutti i doni, gli apporti e i miracoli di presenze che si accendono, via via, come luci sulla costa, come lumi vivi negli interni delle case, direi che quel grano è la grazia che si veste di cupezza e incanto, di sapienza e ombra, di chiarità e buio. Moderna quel tanto che basta per confermare un'antichità che è, insieme, tradizione e ricerca, via contraria e maestra, il secondo "capitolo" della trilogia si avvale di una folla di etnie popolari che proprio dalla loro estrazione e dai calchi delle diverse epoche ricevono un'aristocrazia indelebile. Non so se quest'Italia sia più umile, secondo l'etimo di Dante e Pasolini, ma certo conferma la vocazione al canto, ferita della pietà e catena, lino notturno e oro.
Le "voci" di Gastone entrano in sintonia con l'esperta e plurale sapienza dei viaggiatori che con lui percorrono il sentiero, eccellenti passeggeri d'avventura, provvidi residenti di queste "stazioni di posta" che sono i brani, uno ad uno toccati dall'umano che li accende e fa di strumenti e parole una piccola architettura di consonanze, dai frammenti annotati da Leopardi al lieder yiddish di Ovadia, da La maledizione della madre nella sintassi franta di Federico Mondelci agli echi de La bella Leandra.
C'è un dolore che si fa incanto, una pena che strazia e innamora, ci sono i nomi, le creature, i corpi, la storia, il tempo, la verità che appare, muta, a dire il niente splendido del mondo".
Francesco Scarabicchi, Ancona, 2 Maggio, 2006