Roberto Leydi ( dalla prefazione al CD ‘ Je se vedea le porte dell’affanno…’ 1998
"Tra i numerosi gruppi che negli ultimi anni hanno cercato di animare il secondo "folk revival" (volendo continuare, per comodità, a usare questo termine che oggi mi appare piuttosto datato) italiano, pochi duraturi e molti effimeri, alcuni ansiosi di presenza nazionale (e magari internazionale) e altri fortementi ristretti ad un ambito locale, quello marchigiano della "Macina" occupa un posto a parte e (a mia conoscenza) unico. E ciò non tanto e soltanto per la longevità, quanto per altre caratteristiche. E tre sopra le altre.
In primo luogo il suo radicamento in un territorio, fisico e culturale, delimitato e preciso, cioè le Marche. Un radicamento che si realizza non soltanto nella scelta dello stile e del repertorio (procedimento che altri gruppi, ma non tutti, perseguono), ma anche nell'impegno ad operare attivamente, continuamente, direi (ed è, secondo me, un complimento) umilmente entro il proprio spazio culturale e umano, a contatto con quelle comunità cui la musica che La Macina propone appartiene. Certo il gruppo guidato da Gastone Pietrucci ha acquisito un rilievo e una stima che vanno oltre i confini marchigiani, ma questa proiezione nazionale e internazionale non ha preso il sopravvento sradicando La Macina dallo spazio entro il quale è nata e ha trovato ragione e materiale per realizzarsi musicalmente. In altre parole, il gruppo non ha rinunciato a misurarsi e a confrontarsi con un "pubblico" che, almeno in gran parte, ancora ben ricorda e, in misura non comune ad altre regioni italiane, tuttora "usa" una parte almeno dei suoi modi tradizionali di esprimersi.
E questa "vacazione locale" ci propone la seconda caratteristica del lavoro della Macina: inglobare nel proprio manifestarsi, rispettandoli, cantori e musicisti della tradizione. Porsi, cioè, a confronto con quanti alla tradizione appartengono e la possiedono. E ciò a differenza di altri gruppi che, anche quando citano la fonte delle loro esecuzioni, per attestarne l' "autenticità" non ci consentono mai di sentire il suono o la voce di questi testimoni resi muti.
Vi è poi la terza caratteristica della Macina, connessa alle altre due: essersi fatta promotrice di vive iniziative nelle quali i protagonisti sono i cantori e musicisti tradizionali e di manifestazioni che hanno concretamente contribuito a rivitalizzare, in contesti non impropri, scadenze rituali che così hanno trovato ragione di conservarsi nonostante le trasformazioni economiche, sociali e culturali che hanno modificato la vita delle Marche.
Questo ci piaceva ricordare in occasione della pubblicazione di un nuovo disco nel quale trovano spazio canzoni satiriche, licenziose che, pur essendo numerose e vive nella nostra tradizione popolare hanno trovato scarsissimo posto nelle ricerche del passato, così condizionate dal moralismo borghese e neppur hanno avuto una specifica attenzione dalle ricerche contemporanee."
Roberto Leydi, dalla prefazione al CD de La Macina, Je se vedea le porte dell'affanno..., 1998