Gilberto Severini, Corriere Adriatico 30/VIII/1977 - 01/IX/1978 - 1/VI/2003
" LA MACINA" RISCOPRE L'ANTICO FOLKLORE MARCHIGIANO. Il gruppo di canto popolare, che ha fatto ancora sfoggio di particolare bravura meritandosi tanti applausi, tende a recuperare , attraverso un severissimo rigore di ricerca e d'esecuzione, vecchie nenie e canzoni della nostra terra, che erano il motivo conduttore dei riti di una civiltà estinta.
[...] Cos 'è la Macina? Un gruppo di canto popolare [...] che tiene al proprio rigore sia nel senso della ricerca che in quello dell'esecuzione. La ricerca viene condotta per gran parte nelle Marche ed è rivolta al recupero dei vecchi canti che erano il motivo conduttore dei riti di una civiltà pressocchè estinta: quella contadina. Canti quindi che scandivano ritmi e motivazioni molto diverse da quelle attuali. Vi è in essi il sapore del lavoro quotidiano, il senso di una condizione subalterna, l'autenticità dei momenti gioiosi ed il dolore composto dei momenti più amari. Per quel che riguarda la esecuzione il Gruppo si attiene, sin dall'uso degli strumenti, per non parlare ovviamente della voce, alle modalità espressive delle loro origini . Da ciò deriva una inevitabile carica emotiva che, intatta, investe il pubblico recuperandolo ad un momento corale "vivo" e non già al gusto lezioso e furnesco per l'archeologia musicale o per gli LP della Cinquetti o della Berti che, contente e vezzose, di tanto in tanto propongono qualche valzerotto "impegnato" per dire quanto sono sensibili alla cultura folk. Quelli de "La Macina" si muovono in tutt'altro senso e se vi capita di ascoltarli capite perché ci hanno convinto sin dalle prime battute de "La Pasquella" (poi richiesta per il bis) che è un canto di questua raccolto a Monsano. I giovani interpreti si chiamano Claudio e Giuseppe Ospici, Piergiorgio Parasecoli, Gastone Pietrucci, Fefi Serrini. E sono tutti bravi. Sul serio."
[...] Chi assisterà ai loro concerti capirà da sè il discorso della Macina: per quel che dicono cantando, per come lo cantano, per l'espressività estrema del Gruppo, che è riuscito ad attingere linfa vitale dalle più profonde radici della nostra terra, facendo proprie le modalità e riti della civiltà contadina, che sicuramente divulgano con esemplare rispetto ed amore [...] "
" [...] Perché è così importante questa formazione marchigiana? Perchè è una delle poche, a nostro avviso, dell'intero territorio nazionale che propone i valori della società contadina restituendoli nella loro autenticità [... ] "
Gilberto Severini, Corriere Adriatico, 30 Agosto 1977
" LA MACINA NELLA CORNICE DI SANTA MARIA DEGLI AROLI. La formazione di artisti marchigiana è una delle poche che propone i valori della civiltà contadina restituendoli nelle loro autenticità. Si raccolgono gli echi di un mondo scomparso.
[...] "La Macina", un gruppo di canto popolare di riogre e coerenza tale da suscitare vivissimo interesse presso il pubblico anconetano che assistette, lo scorso anno, alle manifestazioni di musica e prosa presso il Chiostro dell'ex "Buon Pastore". Oggi Claudio e Giuseppe Opisci, Gastone Pietrucci, Piergiorgio Parasecoli saranno a Monsano per il loro primo concerto estivo in una felicissima cornice: la Chiesa di santa Maria degli Aròli. [...] Ma torniamo alla Macina. Perchè è così importante questa formazione marchigiana? Perchè è una delle poche, a nostro avviso, dell'intero territorio nazionale, che propone i valori della civiltà contadina restituendoli nella loro autenticità. Ponendosi quindi in felice alternativa con i "recuperi" di maniera un pò furbi e un pò snob che hanno prodotto parecchi danni in termini di sottocultura da più di un decennio. La Macina (il gioco di parole ignobile ci auguriamo venga scusato) "macina" sul serio le sue proposte. Ricerca nella memoria contadina, che ha ormai pochi superstiti, gli echi dei riti di un mondo scomparso e, interpretandone con autentica passione la vitalità, ne ripropone il messaggio [...] Chi assisterà allo spettacolo di Monsano e poi a quello del Chiostro ad Ancona ed al loro intervento all'IN-Teatro di Polverigi, capirà da sè il discorso de "La Macina". Per quel che dicono cantando, per come lo cantano, per l'espressività estrema del gruppo che è riuscito ad attingere linfa dalle più profonde radici della nostra terra facendo proprie le modalità e i riti della civiltà contadina che sicuramente divulgano con esemplare rispetto ed amore".
Gilberto Severini, Corriere Adriatico, 1 Luglio, 1978
"Poi la pioggia. Gran correre, l’ultima sera, tra il Parco e il cinema-teatro. La Macina esegue lo spettacolo metà all’aperto e metà al chiuso. E i canti del gruppo di Monsano reinvestano la allegria perduta delle nostre campagne, la irriducibile gioia di vivere che fa del dolore e dell’oppressione una musica di rabbia, un’arma per i pacifici che non vogliono conoscere la rassegnazione. Ed è una festa nella festa di Polverigi.
Gilberto Severini, Di festa in festa, 10 Giorni IN TEATRO 78, Arte, 1978
Caro Gastone,
ti capita di ricordare l'infanzia? Non i tuoi momenti privatissimi, ma la scena, il fondale dei nostri primi anni di vita (siamo quasi coetanei); i suoni della provincia del dopoguerra, i ritmi dei giorni, le luci tenui la sera per strada e nelle case, gli odori della campagna nei paesi, il mercato settimanale con i mangiatori di fuoco, l'attesa delle feste? A me, da un pò di tempo succede. Senza nessun rimmpianto. Senza la minima voglia di pronunciare l'impronunciabile: ai miei tempi. Però sono piuttosto contento di aver cominciato da lì a guardarmi intorno: in un mondo minimo, conchiuso, con qualche radio e rari frigoriferi. E ogni tanto qualcuno attraversava una piazza cantando. Quando mi hai chiesto di scrivere qualche riga per i 35 anni de "La Macina", ho avuto la tentazione di cercare quel primo mio articolo del '77, di cui tu spesso mi parli, e ricostruire il lungo tragitto di cui tu sei l'infaticabile animatore... Di voi, della Macina, hanno scritto tanti, forse tutti quelli che ne avevano la comptenza e l'autorità che a me mancano. Cos'altro aggiungere che non sia stato detto? Posso solo offrirti la personale messa a fuoco del primo nostro incontro. Con gli anni capita che il dato cronachistico si faccia vago (era luglio o agosto? era in un ex colegio di Ancona? si chiamava Buon Pastore? si trattava di una rassegna promossa da Roberto Cimetta?); ma si conservi, nitido, il senso delle emozioni provate. Tu, voi del gruppo, con la vostra musicalità lieta e accorata, in quell'intreccio di voci che si cercavano per condividere gli stessi suoni, nella verità antica del bisogno di partecipare la gioia ed esorcizzare il dolore, mi ricongiungevate al mondo dell'infanzia. Quando quel cantare per le strade dei paesi veniva da lontano. E quel lontano era così vicino a quegli anni frugali. Con i ricordi di guerra, le speranze intatte, i ritmi della vita dei campi non così dissimili da quelli delle piccole città. Ma è davvero tutto cambiato? Ho riascoltato, prima di scrivere questa lettera, il tuo ultimo cd, dove la nudità della tua voce recupera una parte esemplare della tua ricerca. Sono, le tue - lo dico senza alcuna pretesa critica - sonorità elegantemente impure, mai approssimative. Rendono il tempo visibile. Il passato si fa presente, come il disegno delle nostre colline. Sono, i tuoi, suoni antichi, che abitano in noi, dettati dal bisogno di celebrare e consolare la propria esistenza con il mistero della musica. Mi sto dilungando e rischio di essere più superfluo di quanto vorrei. Per concludere; volevo solo dire a te e ai tuoi amici de La Macina: grazie per questi 35 anni! Buon compleanno! A presto!
Gilberto Severini, Osimo, 1 Giugno, 2003 da I trentacinque anni di Gastone Pietrucci con La Macina: 1968-2003, Jesi, 2003